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Ansia da separazione nel cane: come riconoscerla e affrontarla


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1. Cos’è l’ansia da separazione

L’ansia da separazione è un disturbo comportamentale che colpisce una percentuale significativa di cani domestici (studi epidemiologici parlano dal 14 al 20% dei soggetti seguiti in cliniche comportamentali). È caratterizzata da uno stato di stress eccessivo che si manifesta quando il cane viene lasciato solo o separato dalla sua figura di attaccamento.
Dal punto di vista neurobiologico, si osserva una iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), con aumento della secrezione di cortisolo, ormone correlato allo stress.

2. Cause e fattori predisponenti

Le cause non sono univoche, ma multifattoriali:

  • Genetiche e temperamento: alcune razze (es. Border Collie, Pastore Tedesco, Labrador Retriever) sono considerate più predisposte, probabilmente per la loro spiccata socialità e bisogno di interazione.

  • Ambientali: cuccioli cresciuti senza un adeguato periodo di “desensibilizzazione” alla solitudine sviluppano più facilmente il problema.

  • Eventi traumatici o cambiamenti: traslochi, cambi di proprietario, periodi di isolamento (come nel lockdown) possono fungere da trigger.

  • Attaccamento disfunzionale: l’eccessiva dipendenza emotiva dal proprietario può amplificare le risposte ansiose.

 

3. Come si manifesta (segni clinici e comportamentali)

L’ansia da separazione non ha un quadro clinico univoco, ma presenta una costellazione di sintomi che il veterinario deve saper interpretare:

  • Vocalizzazioni: abbaio, ululato o guaiti persistenti.

  • Comportamenti distruttivi: rosicchiamento di porte, finestre, mobili; tipico è il danneggiamento delle aree da cui l’animale tenta di uscire.

  • Eliminazioni inappropriate: minzione o defecazione in casa, in assenza di patologie organiche.

  • Segni di iperattivazione autonoma: tachipnea, ipersalivazione, tremori.

  • Comportamenti compulsivi: autoleccamento, automutilazioni, movimenti stereotipati.
    Molti cani mostrano inoltre ansia anticipatoria: agitazione, ipervigilanza e stress già quando percepiscono segnali di uscita del proprietario (indossare scarpe, prendere le chiavi).

 

4. Diagnosi

La diagnosi si basa su:

  • Anamnesi comportamentale dettagliata, con descrizione del contesto e dei sintomi.

  • Registrazioni video: utili per documentare il comportamento del cane in assenza del proprietario.

  • Esclusione di cause organiche: infezioni urinarie, disturbi gastrointestinali, epilessia parziale o dolore cronico possono generare comportamenti simili.

  • Valutazione differenziale con altri disturbi comportamentali (fobie, sindrome da iperattività/impulsività, aggressività).

 

5. Trattamento e gestione

La gestione dell’ansia da separazione richiede un approccio multimodale:

a) Terapia comportamentale

  • Desensibilizzazione sistematica: esposizione graduale alla solitudine, partendo da pochi secondi fino a periodi più lunghi.

  • Contro-condizionamento: associare la separazione a stimoli positivi (giochi interattivi con cibo, kong ripieni, puzzle alimentari).

  • Modifica delle routine: ridurre i rituali di uscita e rientro, evitando eccessive manifestazioni affettive nei momenti critici.

b) Arricchimento ambientale

  • Offrire attività di masticazione, giochi olfattivi e stimoli cognitivi che favoriscono la produzione di endorfine e serotonina, con effetto calmante.

  • Creare spazi sicuri e confortevoli dove il cane possa rifugiarsi.

c) Supporto farmacologico

In casi gravi può essere indicato un supporto farmacologico, sempre sotto prescrizione veterinaria:

  • Antidepressivi triciclici (clomipramina).

  • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) come la fluoxetina.

  • Nutraceutici e feromoni (es. DAP – Dog Appeasing Pheromone) come coadiuvanti.

d) Prognosi

Con un trattamento adeguato, il miglioramento si osserva nella maggior parte dei cani entro 2-3 mesi. Tuttavia, i casi cronici o molto gravi possono richiedere una gestione a lungo termine.

6. Conclusioni

L’ansia da separazione non è un “capriccio”, ma una vera e propria patologia comportamentale con basi neurobiologiche, che compromette il benessere del cane e la relazione con il proprietario.
Un approccio precoce, scientificamente fondato e personalizzato sul singolo soggetto, permette nella maggior parte dei casi di riportare equilibrio e serenità nella vita dell’animale e della sua famiglia.

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